domenica 26 febbraio 2012

L’attesa tra ricerca e sperimentazione

di Viviana Saitto

«The idea of waiting for something makes it more exciting». È così che Andy Warhol definisce l’attesa in una delle sue famose stampe.

Ma cos’è l’attesa e soprattutto può essere davvero così eccitante?

Sono questi due degli interrogativi dai quali si è deciso di partire ormai due anni fa e sui quali, sebbene numerosi siano stati i contributi apportati dalle professionalità coinvolte in questa ricerca e altrettante le ipotesi sviluppate in ambito universitario, si continua a lavorare. L’eccitazione warholiana è sicuramente una delle componenti che ha accompagnato questo lungo percorso, non solo legato all’idea di lavorare a qualcosa di nuovo, inesplorato dal punto di vista di una specifica competenza disciplinare[1], agli esiti progettuali prodotti, ma dall’essere, in quanto eterni pendolari, per lavoro o per piacere, da sempre fruitori di questi spazi. Se è vero che un’architettura va vissuta per essere realmente capita questi due anni di ricerca, sistematica fruizione e mirata osservazione, hanno portato ad una chiara lettura delle problematiche di questi luoghi, spesso ideologicamente distanti dai principi di una disciplina che prevede la stretta relazione tra costruzione dello spazio e attività delle persone. Il carattere di transitorietà e precarietà di gran parte di essi lascia intendere una mancanza di attenzione al progetto di interni, considerato spazio di risulta tra cellule commerciali e servizi, spesso risolto con arredi e sistemi di sedute più o meno confortevoli con le quali si ha l’assurda pretesa di alleviare le ansie e i disagi di chi aspetta.

Il progetto di interni è ben altro. È caratterizzato da un approccio metodologico che non mira banalmente a riempire gli spazi vuoti lasciati dagli architetti ma propone risultati in grado di costruire luoghi significanti, legati alle necessità e alle aspettative degli individui. L’uomo è protagonista della fruizione dello spazio e il progetto non ha solo il dovere di appagare esigenze elementari, legate alla specifica funzionalità del luogo, ma ha il compito di determinare «una dimensione estetica del vivere quotidiano attraverso la forma stessa dell’abitare»[2].

Il termine «abitare», infatti, rappresenta molto di più dell’avere uno spazio a disposizione in cui poter stare, significa incontrare altri individui, accettare valori comuni, sperimentare la vita come moltitudine di complessità[3] e allo stesso tempo avere la possibilità di vivere un piccolo mondo personale in cui ritrovare se stessi. In quest’ottica i luoghi di transito rappresentano, per la nostra disciplina, spazi di interessante sperimentazione. Sono luoghi in bilico non solo perché allo stesso tempo domestici e pubblici, intimi e collettivi, ma perché non ancora propriamente definiti, banalmente attrezzati, lontani dal poter essere considerati manifestazione della vita quotidiana.

Per l’anno accademico 2008/2009 e 2009/2010 questi spazi sono stati oggetto di studio presso la Facoltà di Architettura di Napoli “Federico II” con due tesi di Laurea triennale[4] e nell’ambito del Laboratorio di Progettazione di Interno Architettonico tenuto da Paolo Giardiello[5]. Entrambi i laboratori possono essere considerati come un vero e proprio cantiere di idee in cui docenti di differenti discipline e progettisti hanno offerto il loro personale contributo, aiutando gli studenti a produrre soluzioni interessanti sul tema della breve, media e lunga attesa.

Alla fine di questi due anni ricchi di esperienze e incontri significativi, infatti, si continua a viaggiare e ci si trova spesso a pensare che le soluzioni proposte dagli apprendisti architetti, allievi dei citati corsi, siano, per alcuni aspetti, più attente di quelle di grandi professionisti, artefici di contenitori esteticamente perfetti, tecnologicamente innovativi ma troppo spesso lontani da reali esigenze di vita. È per questo motivo che si è scelto di partire dalle persone, da coloro che in questi luoghi trasformano la loro valigia in poltrona, tavolo e cuscino per riposare, che attendono nelle posizioni più strambe, che vanno avanti e indietro perché non sanno cosa fare, che parlano nevroticamente al telefono nella speranza di ammazzare un po’ il tempo. Ed è alle persone che hanno lavorato a questo progetto, a quelle che hanno creduto, nell’intimità di un aula universitaria, di poter cambiare le cose, che va rivolto un particolare ringraziamento per aver offerto un fondamentale contributo alla definizione di questa ricerca.



[1] Il Settore Disciplinare di riferimento è quello dell’Architettura degli Interni, comunemente definito «della piccola scala» i cui insegnamenti principali sono: arredamento, progetto dell’interno architettonico, progetto del prodotto di arredo, scenografia, museografia e allestimento.

[2] P. Giardiello, “L’insegnamento tra arredamento e design, dizionario minimo sulle discipline dell’interno architettonico”, in Area, n. 79+, aprile 2005, p.58.

[3] Cfr. C. Norberg-Schulz, L’abitare. L’insediamento, lo spazio urbano, la casa, Electa, Milano 1984.

[4] Le tesi triennali di Laura Mancini e Fabiana Marotta, sviluppate presso il Corso di Laurea triennale in Arredamento, Interno Architettonico e Design presso la Facoltà di Architettura di Napoli “Federico II”, hanno approfondito rispettivamente il tema della lunga e breve attesa nei luoghi di transito. La tesi di Laura Mancini, seguita da Paolo Giardiello e da chi scrive in qualità di correlatrice, incentrata sullo studio dell’attesa nelle strutture aeroportuali, si è avvalsa della consulenza dei docenti: Antonio Gentile (Psicologia), Laura Bellia (Illuminotecnica), Valter Luca De Bartolomeis (Design e Comunicazione). Blocchi attrezzati secondo differenti funzioni accolgono il visitatore nelle ore di attesa, predisponendolo al viaggio e offrendo servizi utili alla struttura che li ospita. La tesi di Fabiana Marotta, seguita dallo stesso gruppo di ricerca, ha indagato il difficile rapporto tra superficie e sottosuolo, trasformando l’attraversamento di scale e tunnel delle metropolitane e l’attesa in banchina in un momento significativo e di particolare valore architettonico. Parte degli esiti prodotti accompagnano iconograficamente il testo e possono essere visionati, nella loro completezza, sul sito http://luoghiditransito.blogpost.com/

[5] Per due anni il Laboratorio integrato di Interni I al primo anno del corso di Laura Magistrale in Architettura, Arredamento e Progetto, ha lavorato sui luoghi di transito grazie all’integrazione dei moduli tenuti da docenti di differenti discipline e con il contributo di esperti del settore. Nello specifico il Laboratorio di Interno Architettonico I, tenuto entrambi gli anni da Paolo Giardiello, si è avvalso della collaborazione dei docenti Antonio Gentile (Psicologia), Marco Elia, Pietro Nunziante (Design), Vito Cappiello (Paesaggio) mentre per l’a.a. 2008/2009; dei docenti Antonio Gentile (Psicologia), Alfonso Morone (Design), Vito Cappiello (Paesaggio) per l’a.a. 2009/2010. Le ricerche svolte in questi anni da chi come collaboratrice ai corsi sono riportate nel sito: http://luoghiditransito.blogpost.com/